INTERVISTA | Mattia Drudi, il vincitore della 24 ore di Spa - parte 2

Nella seconda parte dell'intervista abbiamo affrontato argomenti meno legati all'attualità

Credit: GTWCEU

Dopo la prima parte dell’intervista a Mattia Drudi, fresco vincitore della 24 ore di Spa, arriva anche il secondo pezzo: in questo, i temi sono meno attuali, oltre ad essere più leggeri.


Tu sei stato anche collaudatore Formula E. Com’è stata l’esperienza? Ti piacerebbe correre lì a tempo pieno?


E’ stata un’esperienza molto bella, perché ho fatto 3 anni come pilota di riserva e sviluppo con il team Audi. Arrivavo, non da scettico, ma non conoscevo il campionato. Una volta entrato nell’ambiente è stata una bellissima sorpresa, perché ovviamente il livello è molto, molto alto. Sono tutti ex piloti di F1 o comunque persone che vanno molto forte, ci sono tutte squadre ufficiali che lavorano continuamente per migliorare.


E’ stata un’esperienza molto bella e formativa. Adesso il mio mondo è l’Endurance, però sicuramente un campionato di Formula E, con il livello che c’è adesso, è molto bello. Con il livello così alto dei piloti e le case ufficiali è il top ed è un bell’ambiente: ovviamente è diverso, perché la mentalità è sempre motorsport, però è un po’ diverso da quello tradizionale. Alla fine si lavora per vincere i campionati, quindi sarebbe una cosa a cui non direi di no.


Provandola, qual è la sensazione che ti ha dato? Com’è provare una macchina così al primo giro?


Già non sentire il rumore è qualcosa di diverso, poi io non giravo in monoposto da parecchi anni: l’ultima volta è stato, mi sembra nel 2015, quando feci i test in Formula 3, mentre in Formula E ci sono salito nel 2019, perciò ero stato abituato solo a macchine a ruote coperte.


Essere tornato su una monoposto è sicuramente molto bello. E’ molto difficile da guidare, almeno ti parlo della Gen2, perché la Gen3 non ho mai lavorato, poiché l’Audi si è fermata prima.

Alla fine è un computer, perché ci sono un sacco di parametri da tenere d’occhio, cose da cambiare sul volante, tante cose a cui pensare… E’ una categoria che dall’esterno non sembra il Top, ma è molto impegnativa da guidare ed il pilota fa anche molta differenza.


Ci sono un sacco di cose da fare, mentre guidi: devi andare forte, risparmiando energia, che non è facile. Cercare di dare il massimo, non usando più energia di quella che devi usare: all’inizio è stato un po’ strano, però è molto bello.

Con le gomme che avevamo c’era poco grip, quindi la macchina scivola… E’ pesante, ovviamente con il peso delle batterie, però sono rimasto piacevolmente sorpreso quando l’ho provata.

C’è un livello di complessità maggiore dato dalla quantità di cose da fare…


Si, non pensi solo a guidare. Devi pensare a molte altre cose, quindi sei focalizzato sulla guida, ma anche su tutto il resto. E’ molto difficile come macchina e non è così automatico andare forte: magari ci sono piloti che nelle categorie tradizionali andavano forte, ma in Formula E hanno fatto più fatica. Dopo averla provata posso capire, perché è completamente diverso rispetto a guidare un’altra macchina da corsa.


E’ stato difficile per te passare da una monoposto ad una vettura GT? Anche quando sei passato dalla F4 alle ruote coperte per esempio…


Più che difficile, è stato diverso. In monoposto ho fatto solo un anno e qualche gara, quindi non ero focalizzato solo sulle monoposto. Ho fatto il primo anno in Formula 4, poi i test con la F3.

Ovviamente il budget che serviva per correre in monoposto era molto alto e non ne avevamo così tanto a disposizione, quindi è stata una scelta logica, quella di passare al GT.


Mi sarebbe piaciuto continuare in monoposto, fare categorie anche un po’ più grandi, ma alla fine l’unico modo per diventare professionista in monoposto è l’Indycar o la Formula 1, però arrivarci in quest’ultima è molto difficile, quasi impossibile.

Il mio obbiettivo era fare della mia passione il mio lavoro ed il GT è stato il modo più diretto e direi che ha funzionato molto bene, perché sono diventato professionista nel 2019, quando avevo 20 anni. Sono riuscito a trasformarlo in un lavoro molto presto, rispetto ad altri miei colleghi.


E’ un gran bel traguardo, perché anche rispetto a lavori tradizionali non è sempre immediato fare della propria passione un lavoro: sei stato fortunato…


Si, io sono veramente molto felice. Alla fine, come stavo dicendo, ho vissuto sempre negli autodromi, perché mio padre correva ed ha corso per molto tempo: sono nato in pista diciamo.

Riuscire a renderlo il mio lavoro e poter stare in pista… bè, mi diverto a lavorare. Mi ritengo molto fortunato e sono felice dove sono adesso.


Hai citato tuo padre, ma quanto sono stati fondamentali i suoi consigli?


Tanto. All’inizio, in kart, andavamo io e lui con il camper, proprio come team famigliare, quindi l’esperienza dei kart l’ho sempre vissuta con lui ed è stato molto bello e formativo. Anche in monoposto lui è sempre stato al mio fianco: lui ha corso più di 30 anni…


Averlo avuto sempre al mio fianco è stato un aiuto non indifferente: alla fine mi rendo conto anche di essere fortunato per aver avuto lui come papà… Mi ha sempre indirizzato verso le strade giuste, anche dalle monoposto ai GT, mi ha aiutato tanto… Poi essendo stato per tantissimi anni nell’ambiente ha una rete di conoscenze: conosci una persona e si aprono opportunità… Senza di lui magari non sarei nemmeno dove sono adesso, perciò sono consapevole che mi ha dato sempre una mano e sono stato fortunato.


Era abbastanza duro con te, alla Jos Verstappen oppure ti lasciava fare?


Alla Jos, no, ma soprattutto quando ero piccolo ha cercato di farmi crescere nel verso giusto e farmi capire le cose il prima possibile. Abbiamo avuto un ottimo rapporto sia dentro che fuori e fino a che ho continuato la mia crescita formativa, è sempre stato molto presente.

Poi una volta che è diventato il mio lavoro mi ha lasciato un po’ più libero, ovviamente è sempre lì quando serve, segue sempre tutte le gare o gli aggiornamenti della pista, però mi ha lasciato più libertà di scelta.


Invece tua mamma è appassionata?


Mia mamma è sempre stata abituata tra le piste, perché anche mio papà ha sempre corso. Lei ha lavorato anche nel team di mio padre, quindi era sempre in pista. Ovviamente lei segue sempre le gare, poi ultimamente in pista vengono meno, anche perché sono sempre in giro negli ultimi anni quando corro in GT. Però vengono sempre alle gare in Italia, mi seguono sempre con le gare da casa, quindi non si perdono nulla.


Abbiamo sentito di mamme che non seguono, perché sono spaventate o non appassionate, però su questo punto tu sei stato fortunato. Poi ovviamente dipende da persona a persona…


Quello sicuramente: per esempio mio fratello non è appassionato. Non penso abbia mai visto una mia gara in vita sua. Dipende da persona a persona e ognuno ha le proprie passioni, però i miei genitori mi hanno sempre seguito in tutto, quindi su questo sono fortunato.


Dopo la 24 ore di Spa, c’è una gara che vuoi vincere? Qual è la prossima?


Ce ne sarebbero tante… Quella che voglio fare assolutamente ed il prima possibile è le Mans, perché quella mi manca. Mio padre l’ha vinta due volte, quindi spero già il prossimo anno di esserci, che sia in Hypercar o in GT, onestamente mi basta esserci e provare a vincerla.


Poi c’è anche Daytona che mi piacerebbe molto fare. Per il resto, gli anni scorsi sono stato fortunato con Audi, poiché ho corso molto in giro, però Le Mans e Daytona sono quelle due che vorrei fare sicuramente, l’anno prossimo se possibile.

Torniamo un istante al discorso relativo a tuo papà, perché volevo chiederti se c’è un consiglio che ti ha dato e che tieni sempre presente prima di scendere in pista.


Un consiglio singolo è difficile, però mi ha detto di mantenere la calma sia mentre guido, ma soprattutto quando sono fuori dalla macchina, che è quello che fa la differenza tra un buon pilota o meno.


Mi ha detto di rimanere pacato: alla fine quando sei fuori dalla macchina, più sei agitato peggio è e più sprechi energie… Quindi mi ha aiutato tanto in quello; anche da piccolo, come dicevo prima eravamo io e lui con il camper e il carrello con il kart a tutte le gare.

Lui c’è sempre stato, mi ha dato molti consigli di guida, ma anche non, anche quando sei fuori dalla macchina, un pilota dev’essere completo ovunque: come ti relazioni con gli altri piloti, con i membri del team… E mi ha aiutato su tutti gli aspetti, non solo in qualcosa di specifico.


Mettendo da parte quest’anno, qual è stato il campionato che ti è piaciuto di più nel quale hai corso: per la macchina, il feeling…


Con Audi ho corso tanto e mi sono divertito tanto nel Campionato Italiano nel 2021 che abbiamo vinto; anche perché correre solo in Italia con tutta gente che conoscevo già, magari proveniente anche da altre categorie, con gente italiana, le piste vicine, è stato molto bello.


Poi ci sono tanti campionati in cui mi sono trovato bene: il GT World Challenge è stato molto bello nel 2021, quando abbiamo fatto tutto l’InterContinental GT tra l’Australia, Indianapolis e Sud Africa… Ho fatto tante gare, però alla fine se ti trovi bene con il team e i compagni di squadra, ti diverti un po’ dappertutto… L’importante è trovarsi bene con loro, poi qualsiasi gara sia è sempre un piacere correre.


Con le lunghe distanze, tipo l’Australia come ti organizzi? E’ dura con il fuso orario?


Si! Con il GT negli ultimi anni principalmente ho corso in Europa, però le trasferte più lunghe sono state Australia e Stati Uniti. L’Australia è tosta, perché dove c’è Bathurst mi sembra ci siano 10/11 ore di fuso orario, che non sono poche.


Si va lì una settimana, si va lì il lunedì della gara, quindi hai qualche giorno per abituarti al fuso, poi magari prendi o la melatonina o qualcosa per dormire agli orari giusti.

Ed è importante adattarsi bene, perché se no arrivi alla gara che sei davvero distrutto fisicamente e mentalmente, senza dormire. Principalmente è questione di abitudine e cercare di prendere un ritmo il più velocemente possibile.


La capacità mentale viene meno, dopo un fuso orario così ampio…


Dopo una settimana senza dormire, scendere a fare la 12 ore a Bathurst, non è la cosa più semplice del mondo… L’obbiettivo era quello di prendere il ritmo subito: il martedì e mercoledì non dormire 8/9 ore come si farebbe qua in Europa, però se dormivi già 5/6 ore era già buono e riuscivi ad andare avanti tutta la giornata abbastanza bene.


Qual è il posto più bello, se hai avuto occasione di visitare la città che ospita il circuito?


Principalmente ho viaggiato in Europa, però mi è piaciuta molto l’Australia. Atterravamo a Sidney, avevamo un giorno sia prima dell’inizio del weekend, che dopo la gara. Girare un po’ Sidney è stato molto bello, poi Bathurst è a 3 ore/3 ore e mezza da Sidney, verso l’entroterra, dove non c’è assolutamente nulla: è proprio deserto quasi…

Tutte le volte che torno a Bathurst, prendo una giornata per stare un po’ lì e girare la città.


C’è un pilota che hai sempre ammirato? Magari che avresti voluto prendere qualche tecnica.


Ho avuto la fortuna di avere mio padre in casa che guidava. Quando sono cresciuto, che magari guardavo la Formula 1, all’inizio c’era Schumacher che vinceva tutte le gare. C’era sempre la Ferrari davanti, poi sono arrivati i vari Alonso, Hamilton, Vettel… E principalmente quando sei piccolo guardi la F1, quindi sono quelli i piloti che ti rimangono in mente.


Vedi quello che fanno e provi ad emularli. Uno in particolare no, ma guardavo un po’ tutti e capire cos’è giusto e cosa faceva meglio qualcuno. Poi anche crescendo, con le gare Endurance che ho iniziato a guardare altre categorie.

Da piccolo guardavo la Formula 1 anche perché quella era la cosa più facile da guardare in TV.


Se tu dovessi prendere 6 caratteristiche da dei piloti, per comporre il tuo pilota perfetto quali sarebbero?


Dipende anche da varie categorie, poi non è una domanda facile da tirare fuori su due piedi. Poi come ho detto prima… bè, c’è tanto da prendere da tutti. C’è una cosa che dovrebbero fare tutti, ovvero di non essere troppo egocentrici e imparare continuamente dall’ambiente nel quale sei, ma anche da piloti di altri team. Bisogna essere open-mind e cercare di prendere tutti ciò che si può prendere dagli altri.


Magari un pilota è più aggressivo e prendi quello che fa ma senza esagerare, qualcuno che guida molto pulito e vedi che risparmia bene le gomme, qualcuno bravo nel corpo a corpo o nel giro in qualifica…

Cercare 6 piloti staremo qui fino a tardi, perché ci devo pensare, però bisogna cercare di prendere un po’ da tutti e continuare a migliorarsi.


La pista che ti è rimasta più impressa o quella su cui hai avuto più piacere guidare


Bathurst, sicuramente: è quella dove sono arrivato la prima volta è sono rimasto sbalordito positivamente, tipo “effetto Wow”. E’ stata anche quella dove ho impiegato più tempo per arrivare al ritmo degli altri, che la conoscevano già.


Poi c’è il Nordschleife, che è un mondo a parte diciamo: è veramente bella, con la storia che ha. Perciò queste due sono le più belle dove ho corso.


Quale sarebbe una vettura, tra quelle da corso che hai guidato fino ad oggi, che ti piacerebbe provare nuovamente, se ne avessi la possibilità?


Quando sono entrato in Audi come pilota ufficiale, è stato attraverso un test in DTM, in Class 1, il DTM vero, che ha corso fino a qualche anno fa. Ho fatto il test a Jerez a fine 2018, che andò molto bene e quella è una tra le macchine più belle che ho guidato.

E’ una macchina veloce, con tanto carico aerodinamico: era come guidare una Formula 3 a ruote coperte!


Lì i circuiti sono cittadini, stretti…


Principalmente in Germania erano calendari un po’ strani, però il vero DTM, la vettura, era molto bella da guidare e andava molto forte.


Un circuito nel quale non hai ancora corso e ti piacerebbe provare


Le Mans, ovviamente e Suzuka, che secondo me è molto bella e spero di correrci l’anno prossimo con l’InterContinental GT, nel quale l’hanno inserita nel calendario.

E’ una pista che mi attira molto, secondo me è divertente.


Molti curvoni veloci…


Si dev’essere molto impegnativa e non dev’essere facile.


La tua prima auto stradale, qual è stata? e quella che hai oggi?


La prima è stata una Ford Fiesta bianca, quelle da 90 cavalli per i neo patentati. Fino a poco fa ho avuto un’Audi A4 ed ora ho una BMW Serie 1. Non ho vincoli con Aston Martin, quindi sono abbastanza libero di cambiare.


Tra qualche anno, dove ti vedi?


Non mi dispiacerebbe fare una carriera tra GT e, sperando, Hypercar. Se non succede nulla di strano o imprevedibile, diciamo che è quello a cui posso puntare. E secondo me è una gran carriera, se si guida a livelli alti per tanti anni.


Anche perchè con il GT ci sono un sacco di gare in tutto il mondo sempre molto combattute. Poi l’Hypercar, adesso il WEC, poi l’IMSA con LMDH, perciò queste sono le categorie dove mi vedo per i prossimi anni.


Così, a primo impatto, LMH o LMDH?


E’ un concetto diverso, perché LMH, la crea tutto il costruttore, mentre LMDH è parte in comune con gli altri costruttori LMDH. LMH sei un po’ più libero di costruirti la tua macchina e secondo me alla fine, le macchine LMH hanno qualche cosa in più, poi ovviamente BoP, per bilanciarle, però secondo me LMH ha sempre qualcosina in più.


Come descrivi il tuo stile di guida?


Tranquillo… Soprattutto nelle gare Endurance, cerco di non prendere mai rischi non servono: essere aggressivo, ma senza prendersi eccessivi rischi. In qualifica, con Aston Martin, mi trovo molto bene: il giro secco quest’anno mi è sempre riuscito molto bene.


Come stile di guida, cerco di preservare la macchina, le gomme, di essere aggressivo senza strafare, per evitare rischi o contatti inutili.


Parliamo di piloti italiani: quali sono coloro che secondo te rappresentano il futuro dell’Italia nel Motorsport, sia a ruote coperte, che scoperte.


Nelle ruote coperte c’è Kimi Antonelli, che è mio amico. Ha sempre vinto tanto ed è quello più lanciato in Formula 1 e lo spero per lui. Poi anche in F3 ho visto ci sono Minì e Fornaroli, che stanno andando molto forte.


Nelle ruote coperte c’è ne sono talmente tanti… Pier Guidi, Alessio Rovera, Rigon, poi Cairoli, Bortolotti: tutti i piloti Ferrari, Lamborghini. Fuori dei brand italiani, penso di essere l’unico al momento, non so se mi sfugge qualcuno. I piloti ufficiali Ferrari e Lamborghini sono fortissimi: si è visto a Spa, Le Mans, Daytona… Sono sempre lì.


Negli anni scorsi è mancato un po’ il vivaio di giovani italiani, adesso si sta un po’ riprendendo…


Nel GT stanno arrivando molti giovani, perché ovviamente la gente capisce un po’ prima che se non hai la speranza o la quasi sicurezza di arrivare in Formula 1, non ha senso continuare degli anni in monoposto, per poi dover tornare in GT tardi.


Perciò adesso molti giovani arrivano in GT o nelle ruote coperte molto prima e questo aiuta anche a fare sviluppare i piloti e a trovare piloti forti, più giovani. L’età media nel GT si sta abbassando, mentre il livello si sta alzando. E’ sicuramente buono per la nostra categoria, per l’Italia, ma anche per i piloti di altre nazionalità.


Abbiamo parlato prima di DTM: quali sono stati gli insegnamenti di quella categoria?


E’ una categoria molto formativa. Con il GT3 è un altro campionato con macchine che abbiamo sempre usato: non è più il DTM vero com’era con le vetture Class . E’ comunque bello, perché corri da solo e penso sia l’unico campionato nel quale si ha la possibilità di farlo.


Le gare sono sempre state molto tirate, molto corpo a corpo, quindi ti aiuta tanto a crescere come capacità di sviluppo del set up della macchina, ma anche come combattimenti in gara. E’ sicuramente una categoria di alto livello, ma anche molto formativa.


La cosa più strana che ti è successa in gara, mentre eri alla guida.


A Bathurst, una BMW davanti a me ha preso un canguro.


Particolare…


La BMW di Farfus mi sembra, nel 2020. Proprio in gara, mentre guido, questa è tra le più particolari. Oppure alla 24 ore del Nurburgring, per esempio, prima di correrci le prime volte, la gente diceva “la notte vedi il fumo dei barbecue e senti l’odore mentre guidi”, però non pensi sia vero. Pensi qualcosa così, per dire…


I primi due anni che ho corso la 24 ore sono stati con il Covid, quindi non c’era pubblico, invece nel 2022 con la gente, ho visto davvero il fumo e sentivo davvero l’odore dei BBQ, mentre guidavo ed è stato molto particolare… E’ una cosa che non ti capita spesso in altri posti.


Ti distrae mentre guidi, senti la salsiccia…


Eh si, la salsiccia, le costine… Però il Nurburgring mentre guidi, è una cosa molto bella, la notte, ma comunque è sempre pieno di gente. La 24 ore è un’esperienza fantastica.

Fuori dalla macchina me ne sono successe tante di particolari, ma mentre guidavo queste due sono le più particolari


Fuori dalla macchina?


Un anno, quando c’era il Covid, c’era in contemporanea la 24 ore del Nurburgring e il GT World Challenge di Zandvoort e dovevo farle tutte e due, insieme ad altri piloti Audi. Perciò ho fatto dal martedì al giovedì al Nurburgring, poi ci hanno portato in macchina o con una navetta a Zandvoort: abbiamo fatto venerdì prove libere e qualifica, sabato mattina presto Gara-1, poiché avevano cambiato l’orario del GT World Challenge per far combaciare un po’ tutto.


Poi sabato dopo pranzo Gara-2 e nel frattempo era partita la gara in Germania: finita la nostra gara, ci han portato in elicottero al Nurburgring, dove abbiamo fatto il Covid test, siamo stati chiusi in camera fino ai risultati del tampone e poi siamo andati in pista per continuare la 24 ore.


Un bel macello…


Si è stata una settimana impegnativa! Due weekend diversi, vetture diverse, circuiti diversi, però è stato molto bello…


Anche quest’anno, tre 24 ore in un mese


Ovviamente non so ancora cosa farò, ma Nurburgring e Spa sono sicuri: già due sono toste, chi ne fa tutte e tre, è molto impegnativo. Va detto che non potevano fare diversamente, sia per i team, che per i piloti. Anche, perché Le Mans, stai via quasi due settimane, perché i test sono la domenica.


Poi c’è tutta la presentazione prima…


Si, quindi sei via una settimana e mezza. Poi c’è il Nurburgring e poi Spa, penso sia l’ordine: per quanto riguarda il Nurburgring, devi andare il martedì, stessa cosa per Spa, quindi è probabile che stai via 4 settimane senza tornare a casa, per fare tre ventiquattro ore. Sarà molto tosta, però si fa! Così è il calendario e bisogna adattarsi. Dopo tre settimane sei da buttar via.


A proposito del Covid, nel periodo della pandemia, l’Esport è esploso: ovviamente tu ti alleni al simulatore regolarmente, ma se ti chiedessero di fare una gara, cosa ne pensi? O preferisci il mondo reale, chiamiamolo così…


Naturalmente preferisco le gare dal vivo. Comunque durante il lockdown, ho usato tanto il simulatore, ne ho uno a casa, sia per allenarmi, ma anche per divertirmi con i miei amici alla sera. Durante il lockdown mi ricordo che eravamo lì tutti i giorni, anche perché non c’era molto altro da fare, quindi ci sentivamo online tutti i giorni: simulatore, gare eccetera


Poi ovviamente il simulatore l’ho sempre usato anche per lavoro, quelli veri, anche perché con la Formula E si faceva molto sviluppo al simulatore. Con il progetto LMDH, c’era lo sviluppo prima che la macchina nascesse.


Poi da due anni sono pilota simulatore di Sauber in F1, infatti mi trovo in Svizzera perché domani devo essere al simulatore. Quindi con i simulatori ho sempre lavorato, ma ce l’ho anche a casa, quello piccolo, per divertirmi con i miei amici.


Quanto è veritiero quello che dice il simulatore rispetto alla macchina: ti aiuta a imparare la pista, nel vedere gli aggiornamenti della macchina, ma quanto incide?


Ovviamente quello che ho a casa, l’unica cosa da fare è capire dove va la pista. Il resto è un po’ limitato. Poi i simulatori, quelli che hanno i team, le case costruttrici, si sviluppano le macchine anche perché i test non puoi farli, quindi il simulatore dev’essere il più reale possibile.


Per esempio qui in Sauber facciamo sia race support durante i weekend di gara, quindi quando loro sono in pista, tu la sera o la notte provi i vari set-up o cose che ti chiedono della pista per capire se ha senso provarle il giorno dopo.


Stiamo già girando con le macchine 2026, con il nuovo regolamento, quindi il simulatore dev’essere al 100% uguale alla macchina, se no non ha senso sviluppare la macchina e la svilupperesti nel modo sbagliato.

Anche per esempio il meteo, il vento, le temperature, si cerca proprio di essere alla pari di quel che succede in pista.


C’è qualcosa di divertente che ti è successo, magari nel paddock o ai tempi del kart, che vuoi condividere con noi?


Se volete qualcosa fuori dal paddock, si: in Sudafrica, ovvero un posto che non è il più tranquillo del mondo, nel 2021 o 2022. Il Sudafrica è un paese abbastanza pericoloso, dove eravamo a Kyalami, che è un po’ fuori Johannesburg, ed è un posto molto pericoloso.

La sera, dopo la gara, con gli altri compagni di squadra, avevamo due macchine e siamo andati a fare un McDrive, così dopo la gara, siamo andati al McDonald. Io con la nostra macchina, siamo arrivati un po’ prima, poi quella dei nostri compagni di squadra, 2/3 minuti dopo.


Dietro avevano un pick-up stile film: vetri oscurati, che non si vedeva dentro. All’inizio non si vedeva, non li avevamo notati, poteva essere una macchina come le altre. Noi abbiamo fatto il nostro McDrive, e noi con i nostri compagni di squadra ci siamo messi nella corsia, mentre il pick-up si andato al parcheggio del McDonald, spegnendo le luci.

L’altra macchina ha fatto tutto il percorso, arrivando dove paghi e ritiri il cibo: l’ultimo step prima di uscire. Proprio come nei film, il pick-up si è acceso, accendendo le luci, muovendosi piano piano e noi nel frattempo avevamo già parcheggiato e cominciato a mangiare.


Abbiamo notato questo pick-up, abbiamo chiamato l’altra macchina, dicendo che secondo noi, quelli del pick-up avevano qualche problema con loro. Questi ultimi si sono usciti dal McDrive piano piano, il pick-up si è avvicinato, dietro di loro e li abbiamo chiamati dicendogli “Vi conviene andare via” ed hanno iniziato a scappare per strada. Noi non siamo mai stati vicini a loro, quindi quelli del pick-up non potevano sapere che noi eravamo insieme: noi ci siamo messi fra la macchina e il pick-up ed era una strada a senso unico, quindi proprio pian piano per rallentare il pick-up. Gli altri scappavano verso l’albergo, perché là tutti gli alberghi avevano tipo le guardie, tutti chiusi.


Dopo ovviamente il pick-up ci ha passato e ha iniziato a seguir loro, ma erano già lontani. Un’ esperienza un po’ particolare. E’ un paese un po’ particolare, c’è scritto di non fermarsi ai semafori rossi di notte e cose di questo genere. Non so cosa avessero fatto per strada, né so cosa volevano fare loro, però non sarebbe stata una cosa bella. Girando il mondo succedono anche queste cose, a volte divertenti, a volte un po’ meno.

Grazie mille Mattia per essere stato con noi, ciao.

Intervista a cura di:

Giulia Scalerandi, Anna Botton & Dennis Mattetti - Articolo a cura di Giulia Scalerandi