INTERVISTA | Gimmi Bruni: "Il sesto posto di Daytona? Potevamo fare di più"
Il romano ci ha raccontato della recente 24h di Daytona (e non solo), vissuta con un nuovo team nel Campionato nordamericano
Abbiamo avuto l'onore di fare 4 chiacchiere con Gimmi Bruni, pluri-vincitore a Le Mans: con il neo acquisto di JDC Miller Motorsports, nel Campionato IMSA, abbiamo parlato della recente 24 Ore di Daytona terminata al sesto posto, del confronto fra USA ed Europa e non solo.
Ecco l'intervista integrale:
Ciao Gimmi, hai iniziato il 2025 con un nuovo team: il JDC Miller Motorsports, ma sempre al volante di una Porsche. Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
Con JDC abbiamo fatto un test a Daytona a Novembre. Proton Competition non mi dava queste garanzie, loro fanno il WEC, io preferivo il campionato IMSA, e alla fine mi sono accordato con loro.
Come valuti il debutto con il team nella 24 ore di Daytona?
Sì, innanzitutto è totalmente differente, sono un team tutto americano: dai meccanici agli ingegneri, a tutto lo staff, perciò sono un'altra mentalità. Hanno un altro modo di lavorare, un altro approccio.
Bene, mi trovo molto bene con loro, è un piccolo team, chiaramente è veramente un piccolo team, però sono molto organizzati e sono molto efficienti per quello che richiede il campionato IMSA, da come è strutturato un po' tutto il weekend.
Ti chiedo com'è stata l'esperienza di Daytona e quali sono state le principali sfide da affrontare.
Sì, diciamo sesti, forse è un risultato che ci va un po' stretto, forse potevamo fare qualcosa in più, calcolando che eravamo l'unico, insieme a Proton, team privato. Perché poi le altre sono tutte case costruttrici, perciò per noi arrivare nelle prime cinque - sei posizioni contro le case costruttrici, è un grande risultato. È chiaro che corriamo con la stessa macchina sulla carta che ha vinto la 24 Ore, però non siamo un team ufficiale.
Dallo staff, le persone che lavorano al progetto, siamo neanche un quarto rispetto agli altri. La gara è andata bene, abbiamo avuto un piccolo inconveniente con i freni a inizio gara, ma poi si è risolto verso fine gara. Adesso sono stato in America ancora per fare il test a Sebring, che è la prossima gara, tra circa tre settimane: vediamo un po' lì come andrà e cerchiamo sempre di mantenerci nelle prime cinque - sei posizioni, sarebbe un gran risultato.
Come valuti questi test a Sebring? Cosa ti aspetti dalla 12 Ore considerando i test?
Sicuramente è una sfida importante, perché Sebring, è risaputo, è una delle piste più dure che ci sono al mondo per le macchine, per i piloti, per tutti quanti. È una dodici ore, la gara partirà alle dieci e dieci, finisce alle dieci e dieci della sera. Durante i test sono venuti provare due nuovi piloti, dove forse uno dei due farà il terzo pilota con noi e abbiamo dato spazio a loro per avere più tempo con la macchina.
Poi quando si arriverà al weekend di gara non c'è così tanto tempo, ci sono solamente tre sessioni di prove e poi la gara, perciò è stato più dare uno spazio ai due piloti che sono arrivati per farli provare. Uno dei due correrà, noi abbiamo provato la macchina, c'è ancora un po' di lavoro da fare. Speriamo di trovare gli ultimi miglioramenti quando saremo lì durante il weekend di gara, durante le prove libere, per fare un passo avanti e cercare di colmare un po' di più il gap che c'è tra noi e gli ufficiali.
A proposito di questo, quali sono le principali differenze sia in termini di risorse a disposizione tra un team ufficiale e un team clienti?
Sicuramente gli equipaggi sono tutti di alto livello, tutti e tre piloti, non solamente un pilota o due. Hanno a disposizione sicuramente un simulatore 24 ore su 24, perciò prima del test, durante il test e dopo il test possono effettuare dei cambiamenti sull'elettronica della macchina, che è un po' la base di queste Hypercar.
E poi hanno una marea di possibilità di fare test illimitati, perché chiaramente il loro budget per affrontare la stagione è illimitato: cosa che i piccoli team non hanno assolutamente. Perciò questa è la grande differenza alla base. Sicuramente, sono convinto, che ci saranno delle differenze sulla macchina, sugli aggiornamenti, su piccole cose, perché a noi ogni due-tre gare ci vengono fatti degli aggiornamenti che il team ufficiale utilizzava. E' chiaro che siamo sempre uno step o due indietro rispetto a loro.
C'è stato Wehrlein nel tuo equipaggio, come ti sei trovato con lui e che cosa ne pensi del suo debutto in Endurance? Perché sì, lui ha fatto il DTM, ma è un po' il suo debutto nelle gare di durata...
Sicuramente lui è un pilota di grande esperienza, di grande valore: ha corso in Formula 1, ha fatto anche dei buoni risultati... E' stato tanti anni collaudatore ufficiale della Mercedes, terzo pilota di riserva, campione DTM ed ha vinto il campione del mondo di Formula E dello scorso anno.
È un pilota di alto valore, sicuramente per lui è stato molto importante affrontare questa gara, per la preparazione, magari, di una possibile 24 ore di Le Mans con il team ufficiale. È sicuramente colpito dall'importanza, dalla determinazione e dal sacrificio che uno deve avere durante le gare Endurance, perché non ne era propria conoscenza,. Lui non sapeva proprio nulla delle gare Endurance, non sapeva nulla dei cambi pilota. Io l'ho conosciuto a Novembre, durante il test che feci con il team JDC, e poi l'ho rivisto quando abbiamo iniziato a girare a Gennaio.
Sicuramente è stato un impatto molto importante per lui, direi difficile, perché chiaramente affrontare tutte queste piccole cose, se vogliamo chiamarle piccole sulla carta... Ma grandissime, perché comunque non sei è abituato, tu hai corso per dieci - tredici anni affrontando tutto da singolo. Invece qui devi condividere la macchina, devi cercare di ottimizzare il set up per andare forte tutti e tre o quattro i piloti che eravamo a Daytona, la posizione di guida e tante piccole cose, che fanno la differenza nelle gare Endurance e lui non era assolutamente a conoscenza.
Devi essere bravo ad abituarti in fretta...
Assolutamente, è stato un'ottima esperienza, sono sicuro, per Pascal. E un ragazzo intelligentissimo, mi sono trovato molto bene con lui e sono sicuro che ne metterà frutto, quando sarà il momento, tutte le indicazioni che sono riuscito a dargli in quelle due settimane che siamo stati insieme a Daytona.
Restiamo ancora in USA: cosa ne pensi del calendario IMSA?
A me piace tantissimo, l'unica cosa è che non riesci mai a staccare, perché abbiamo fatto i test a fine Novembre ed il 7-8 gennaio ero già di nuovo a Daytona, pronto per ripartire. Perciò sicuramente è molto intenso e poi le prime gare sono "importanti", voglio dire, sono importanti tutte le gare, ma sono importanti, perché sono le più lunghe, in quanto facciamo una 24 ore e una 12 ore. Dopo Sebring, la gara successiva è un'ora e 40, perché la gara di Long Beach è 100 minuti. E' un campionato strano: da come affrontano le gare a come viene spartito il campionato, dall'inizio, con le 24 ore, la 12 ore di Sebring e anche tutte le altre gare.
Ogni gara va interpretata in maniera differente e approcciata in una maniera diversa in base alla durata della gara, perché ogni gara è differente come durata. Per l'appunto c'è una 24 ore, una 12 ore, due gare da 100 minuti, tutte le altre gare sono due ore e 40, poi due 6 ore e una 10 ore. Quindi è molto lungo il campionato, molto intenso, però sicuramente nel palcoscenico mondiale, forse è rimasto ancora più, lasciami dire, "puro" il motorsport, perché siamo tutti agguerriti in pista, ma poi fuori dalla pista siamo tutti amici.
Una cosa che non c'è più nel Mondiale Endurance, non ci sono più in tutti questi campionati che sono in Europa, è tutto diventato molto più rigido, più severo. Non dico che è meglio o peggio da una parte all'altra, io noto queste differenze e chiaramente da appassionato e da pilota, dico che l'America mi piace molto.
Ecco, hai appena citato il WEC, ci sono altre differenze sostanziali che tu hai trovato fra il mondiale di durata e il campionato americano, oltre a quella che hai appena detto?
Sicuramente il campionato mondiale è un Campionato Mondiale Endurance, ha molto più appeal. C'è la 24 ore di Le Mans, però il campionato Endurance in America, l'IMSA, tutto il campionato IMSA è molto affascinante. Questo, perché vai a correre da Daytona a due cittadini strettissimi come Long Beach e Detroit e poi la competizione è veramente dura, tosta tra i team, tra i piloti... Con il discorso anche un po' in America, che mettono le bandiere gialle per raggrupparsi tutti e per ripartire, è molto bello, perché comunque ti dà sempre una chance, se vuoi, bene o male, per rimetterti in gioco.
Sì, magari fa sempre parte dell'ottica spettacolo.
Si, dello show
Collegato a questo, ti chiedo quali sono invece le principali differenze che tu hai notato fra, in generale, il Motorsport europeo, anche a livello di tifosi e quello americano.
In America il tifoso può conoscere dal campione IndyCar all'ultimo arrivato in pista, perché può accedere fino a toccare quasi la macchina. Cioè, lì siamo in tutti dei garage, tutti aperti, oppure siamo sotto le tende e il tifoso passa lì vicino e può vedere veramente la macchina, può vedere il pilota, può parlarci, può conoscere i proprietari delle squadre in un secondo.
In Europa questo viene un po' a mancare, no? Perché, innanzitutto, proprio come la filosofia, ci sono i box, ma non ci sono i camion con le tende. Perciò già il box è chiuso, è privato, ci sono le transenne, non puoi entrare se non hai pass, e già ti perdi il 70% delle persone che sono all'interno, l'80% se non escono. Invece questo in America non c'è, perché i team sono aperti, ci sono delle tende aperte, ogni tifoso che passa davanti alla tua macchina si ferma, ti chiede una foto o vuole un autografo e ti conosce.
Questo è rimasto uno sport "umano" in America, che da una parte qui in Europa si è perso, è andato… Non abbiamo più il contatto tra le persone, non c'è più questa cosa che, allo sportivo piace e al tifoso piace ancora di più, perché comunque vuole conoscere, vuole vedere com'è fatta, vuole capire tra la Porsche, la Cadillac, la BMW che differenza c'è! In Europa la vedi in televisione, sui video, o ci si mette su una curva o hai pass per entrare dentro ai box privati, oppure non la vedi.
Infatti nei weekend ACI a cui ci è capitato di andare, lo vedi proprio... Anche la gente che è maggiormente coinvolta, scopri di più un mondo che se no si vede in tv, ma non ti rendi neanche effettivamente conto di come sia.
Certo, assolutamente. In America tutte le gare sono così, dall'IndyCar alla Nascar, al nostro campionato, il pubblico arriva fino a toccare la macchina quando vuole e in ogni giorno, tra una sessione e l'altra, prima della gara e conosce tutti i piloti come se fossero i loro migliori amici, perché riescono ad avvicinarli e ad avvicinarsi con più facilità. Qui da noi non c'è più, da tanti anni è andata sempre peggio.
Io, ho iniziato a correre in macchina nel 98 e questa cosa, anche nei campionati minori, non parlo della Formula 1, che è un mondo a parte, però anche nelle gare si è perso tutto, non c'è più. Per l'appunto, si è andato a perdere proprio il contatto tra le persone, tra il pilota e il tifoso, perché chiaramente se noi corriamo e se noi abbiamo tutto questo riconoscimento, apprezzamento è solo grazie al pubblico, grazie alle persone che vengono a vedere le gare, perché senza di loro non siamo nulla.
Adesso, per far vedere, giusto per capire un po' la differenza, meno male che c'è "Santo" Valentino Rossi che è venuto a fare il WEC e hanno visto che il WEC esiste, le macchine esistono e le fanno vedere anche in televisione e non solo la Formula 1 in televisione.
Ma doveva smettere uno dalle moto per arrivare in macchina, per trasmettere questa piccola cosa! In America, dalla Formula Ford alla Nascar all'IndyCar, tutti i tifosi conoscono tutti i piloti, forse conoscono anche gli ingegneri, i meccanici di ogni team e di ogni categoria. Perché? Perché sono appassionati veri, perché riescono ad arrivare fino a dove sono le macchine. Non che noi non siamo appassionati, ma le regole che ci sono non ci permettono di far questo.
Hai parlato proprio dell'evoluzione, dei cambiamenti, però "extra sport". Nel mondo Endurance, secondo te, quali sono state le trasformazioni più significative da quando hai iniziato te?
Parlando della parte tecnica, sicuramente che le macchine sono diventate super affidabili. C'è una preparazione incredibile nelle macchine per tutti i team, privati e non, costruttori e non. Si riescono a fare tantissimi chilometri, tantissimi test e questo ha permesso che alla competizione di essere sempre più serrata, sempre più vicina.
Adesso vediamo le 24 ore di Le Mans che sono tutti attaccati: io ho vinto l'ultima 24 ore nel 2022 di Le Mans, nella categoria GTE con la Porsche, e tra il primo e il terzo c'erano forse 45 secondi dopo 24 ore. Perciò le macchine sono tutte più vicine e la mia era una Porsche, la seconda e la terza una Ferrari. Perciò due case costruttive differenti, dopo 24 ore eravamo lì a meno di 40 secondi in tre macchine.
La competizione è diventata sempre più serrata, sempre più ristretta, proprio perché c'è stato un'evoluzione incredibile sulle vetture data dai tanti test, dalla preparazione, dai simulatori, da tutte queste cose che prima, parlo anche 15 anni fa, non c'erano. Poi abbiamo iniziato ad usarle quando ero in Ferrari, quindi anche in Porsche hanno iniziato ad utilizzarle, perciò si è migliorato sempre di più questo "bagaglio tecnico" per gli ingegneri, per il miglioramento delle macchine come performance, ma anche come resistenza durante queste gare così lunghe.
Hai parlato della 24 ore di Le Mans, perciò ti chiedo qual è stata l'emozione per te quando per la prima volta sei andato a podio? Cosa significa per un pilota salire sul podio in una gara così iconica, così importante, così famosa?
Sicuramente è un sogno, quando ero bambino il mio sogno era diventare pilota di Forma 1 e vincere le 24 ore di Le Mans.
Sono stato sicuramente fortunato ad arrivarci in entrambi i sogni infatti... Perché poi, sai, nelle 24 ore di Le Mans ci vuole tanta fortuna. L'aspetto più bello, sicuramente, è che ti ripaga dopo una 24 ore difficili, molto a limite e riuscire a vincere e salire sul podio è bello. Per me, io sono stato fortunato, ho avuto questa opportunità di vincere tre volte con la Ferrari e poi l'ultima con la Porsche due anni fa, perciò è sicuramente una cosa bellissima.
Era un po' un sogno che avevo quando ero bambino, perciò sono quelle cose che veramente sono delle storie bellissime. Sono cose belle, emozioni difficili da spiegare, però sono come tutte le cose quando fai dei sacrifici e poi riesci ad ottenerle: che sia un esame a scuola, un lavoro o una vittoria a Le Mans, però è quello che ti ripaga. Sicuramente è impressionante, è bellissimo, è una sensazione che in pochi riescono a capire, però non è perché è la 24 ore di Le Mans, sicuramente è la 24 ore di Le Mans perché ha un nome incredibile, tutti la conoscono! Però io penso che in qualsiasi cosa uno faccia e si impegni al 100% e poi riesce ad ottenerla, è una sensazione fantastica.
È un bel messaggio. Parlando invece della tua esperienza in Formula 1, cosa ti ha lasciato per l'evoluzione del resto della tua carriera?
Sicuramente mi ha lasciato, ti dico la verità, un po' un amaro, una cosa che non mi è andata giù, perché comunque correvo con una macchina che non era a livello degli altri, l'unica cosa che potevo fare era andare più veloce del mio compagno di squadra, ma oltre non potevo fare. Anche lì, ti ripeto, sono stato super fortunato, perché oggi se guardo le persone che hanno lavorato con me e dove sono arrivati, hanno iniziato con me, per esempio Riccardo Adami.
Dopo di me è stato ingegnere di Vettel, che l'ha portato alla prima vittoria, è stato ingegnere di Vettel in Ferrari, poi con Carlos e adesso con Hamilton. E ha iniziato con me il primo anno a fare l'ingegnere di pista. Era il Minardi nel 2004, perciò tantissimi meccanici adesso sono sulla macchina di Lewis o sulla macchina di Leclerc.
Sono cose belle, perché chiaramente vuol dire che comunque avevo gente molto valida, nel quale, purtroppo, anche loro si sono trovati in una situazione in cui la macchina non era così competitiva. E in Formula 1 se non hai la macchina, specialmente prima che il divario era molto di più, perché prima gli unici che facevano i test erano la Ferrari, la Williams, la Toyota e la McLaren... E tutti gli altri avevano un gap da questi costruttori incredibili, perché non si potevano permettere di girare tutti i giorni in tutte le piste che volevano.
Adesso fortunatamente c'è il budget cap, perciò tutti hanno sicuramente un budget da rispettare. I test sono limitati per tutti, dai grandi team ai più piccoli. Adesso se vai a vedere tra il primo e l'ultimo c'è un secondo e mezzo per questo motivo: proprio perché la Formula 1 ha fatto un passo incredibile con i regolamenti e ha permesso che i piccoli team riuscissero a seguire le grandi squadre.
In che modo? Togliendo ai grandi team tutte le risorse che avevano, cioè le piste private, i test illimitati, e questo ha ristretto un po' la forbice rispetto a tutti tra il primo e l'ultimo.
Diciamo che è comunque stata una prima esperienza per farvi le ossa...
Sì, sicuramente.
Tu hai fondato la GB Management, seguite due ragazzi (Giammarco Levorato & Alessandro Fabi), e ti chiedo che cosa ti ha spinto a fare questa nuova esperienza.
Allora, sono convinto, perché secondo me in giro nelle corse ci sono tanti manager, ma tante persone che non capiscono nulla di corse e di quello che veramente hanno bisogno i piloti, e proprio perché ancora corro e ancora vedo queste persone in giro che provano a dare dei consigli ai piloti senza saper nulla.
Mi sono portato avanti, mi piace aiutare i giovani piloti, mi piace aiutarli fuori dalla macchina, dentro la macchina e un po' anche nella gestione, perché è un po' quello che è mancato anche a me quando ero tanto giovane.
Non avevo nessuno veramente che mi poteva dire quello che dovevo fare e non fare, e questo secondo me è un più che riesco a dare a loro, a questi giovani ragazzi, perché ancora le vivo. Ho visto i cambiamenti che ci sono stati quando magari alcuni piloti che seguo, neanche erano nati e posso dargli un po' una via, un indirizzo esatto senza, lasciami dire, fare degli errori che magari possono segnare la loro carriera in modi non bellissimi.
Perciò sono un po' un manager sì, però più magari come tutor mi indirizzo, quello che cerca sempre un consigliere giusto al momento giusto e un pilota, perché ancora corro e ti posso dire anche qualcosa magari a livello di pista o tecniche.
C'è un consiglio in particolare che dai sempre ai tuoi ragazzi o magari anche a chi vuole intraprendere il cammino nel motorsport? C'è qualcosa che tu consigli in particolare?
Beh, quello che consiglio sicuramente è uno sport che, lasciami dire, devi fare dei sacrifici, perché a monte sicuramente c'è la famiglia che fa dei sacrifici o la famiglia che cerca di trovarti degli sponsor per poter correre, specialmente quando inizi. E tu come pilota non ti puoi permettere, visto che la tua famiglia fa questi sacrifici, lasciami dire, di andare in giro e non impegnarti al 100%. Perciò quando scelgo dei ragazzi o inizio a lavorare con dei ragazzi, quello che gli dico è che ti devi impegnare al 100% fuori dalla macchina, in macchina, come parli, come ti esponi alle persone, al pubblico, ai tifosi.
Perché una casa costruttrice dovrà puntare su di te e per puntare su di te, tu devi garantirgli un'affidabilità in pista, ma anche fuori. E questo è un iniziare in macchina, vado forte, non vado forte, vado piano, vado troppo piano... Prima devi pensare a te come persona, a cercare di comportarti e cercare di essere una persona professionale, perché questo è quello che le case costruttrici cercano per puntare sui giovani.
Chiaramente poi un domani un pilota diventa un pilota per una casa costruttrice, andrà in giro per il mondo a rappresentare questa o quella casa costruttrice e non si può permettere di fare degli errori.
Ultima domanda: qual è la cosa più strana che ti è successa in pista, al volante?
La cosa più strana, anche brutta è stata quando, durante una 24 Ore di Le Mans, che poi ho vinto, il mio compagno di squadra, si è sentito male in macchina, perciò nel cambio pilota, puoi immaginare cosa è successo...
E' stata dura, perchè quando sono entrato in auto e mancavano ancora 14 ore al termine... Lui, come ragazzo che stava male, io che dovevo fare il cambio pilota, però la gara alla fine è andata bene, abbiamo vinto! Perciò è quasi passato in secondo piano, se non in terzo... (sorride)
Poi alla fine vi siete fatti una risata...
Certo, poi lo raccontiamo...
Intervista a cura di:
Giulia Scalerandi & Anna Botton